A piccoli passi
Nasce così questo blog, lentamente, un piccolo passo dopo l’altro, come in un slow motion, costruirò insieme a chi avrà il piacere di seguirmi un sentiero che nel tempo risulterà a tutti – a me che scrivo e a voi che mi leggerete – sempre più chiaro.

Sono madre di due ragazzi: Emanuele quasi quattordicenne e Federico undicenne. [showhide type=”post” more_text=”Mostra altro…” less_text=”Mostra meno…”]Ho trascorso con loro gli anni della scuola dell’infanzia. Sul tappetone blu, ogni mattina l’insegnante – durante l’assemblea – invitava i suoi bambini a raccontare le loro esperienze, le loro paure e i momenti di pura gioia con lo scopo di far innescare una condivisione e da lì ideare un progetto da realizzare in quel giorno, in qualche settimana o addirittura in qualche mese.
Poi siamo passati alla scuola primaria, anche qui il bambino e la sua curiosità dovrebbero essere messi al centro ma diciamocelo a volte la necessità di finire i programmi e il temuto responso delle prove invalsi prendono il sopravvento sui tempi dilatati in cui i bambini delle primarie vorrebbero farci stare.
Infine il mondo della secondaria di primo grado, le nostre vecchie medie; per i ragazzi diventano il luogo di nuovi incontri. Nei tre anni di medie i figli iniziano a farsi strada con timide affermazioni di sé, con gli scontri in famiglia, con tentativi di guadagnarsi un posto nel gruppo cedendo alla prima sigaretta e ai primi baci; le medie sono quel tempo dove si fanno spazio le prime domande esistenziali: “chi sono e cosa ci faccio in questo mondo?”
Il mio adolescente è un normodotato (si dice così, giusto?) con un percorso scolastico direi normodotato anche lui.
Il mio quasi adolescente invece è uscito con un paio di imperfezioni, la sindrome di Down e un’ipoacusia bilaterale che ai miei occhi lo rendono super speciale ma che al mondo scuola richiede dei super poteri non sempre in dotazione. Ma qui dovremmo fare appello al Ministero dell’istruzione…
Questa lunga premessa era necessaria per dirvi che con il mondo scuola ho interagito, mi sono scontrata, ho condiviso fatiche e preoccupazioni, ho giudicato senza concedere attenuanti e mi sono sentita ripagata con la stessa moneta. Per la scuola ho perso il sonno e ho lasciato che di notte nella mia mente si scatenassero discussioni infinite con insegnanti che ai miei occhi non avevano capito niente… ma di queste nottate tormentate vi racconterò in altre occasioni.
Ho impiegato alcuni anni e fatto un grande lavoro su me stessa per prendere le giuste distanze da tutte quelle emozioni negative che annebbiavano la mia realtà.
Ho chiesto aiuto a psicologi, ho trovato supporto in pedagogisti, ho incontrato genitori che mi hanno convinta che occorre costruire e non distruggere, ho visto insegnanti investire in quello che c’è e non lamentarsi di quello che manca, ho frequentato un master in Coaching che ha saputo darmi la chiave di lettura della mia vita e di chi volevo diventare. Il Coaching mi ha dato suggerimenti di analisi e valutazione di tutti i pezzi della mia storia personale. Mi ha fatto far pace con le persone che mi hanno fatto male in passato e mi ha spinto a ringraziare chi, provocandomi, mi ha permesso di diventare una versione migliore di me.
Ora la realtà, seppur sempre condizionata dalla mia esperienza, sembra meno apocalittica.
La verità è che restare fedele al patto educativo fra scuola e famiglia è difficile, fare la propria parte è faticoso, riconoscersi non preparati davanti a situazioni critiche è per alcuni stimolante ma per i più è svilente.
Gestire i rapporti con specialisti, educatori, insegnanti e genitori è un affare complesso. Dare a tutto e a tutti il giusto tempo è quasi impossibile.
[/showhide] Questo angolo virtuale vuole proporre strumenti concreti per gestire la complessità delle relazioni, per riscoprire la bellezza dell’insegnamento, per ridare tempo e fiducia a noi genitori e a chi condivide con noi quel pezzo di strada che porterà i nostri figli a diventare giovani adulti attraverso piccoli passi di straordinaria quotidianità.